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20 GENNAIO 2021
DayItaliaNews.com - GIROLAMO MINERVINI, STEFANO PIANTADOSI, MARIO CERCIELLO REGA: LA CULTURA DELLA MEMORIA

Caduti con un lavoro da svolgere: sono numerosi. Ci sono valori che, del resto, dovrebbero essere testimoniati. In particolare, quando le persone che li hanno fatti propri non possono parlare. Soprattutto quando ci sono persone che perdono la vita, o la qualità della vita, per renderli palesi. 21 e 22 gennaio, dalle ore 9 e 30 alle 13 e 30 (Stanza Cisco Webex https://univaq.webex.com/meet/linamaria.calandra), l’Associazione vittime del dovere promuove ancora una volta la cultura della memoria, in modo da contrastare il pensiero criminale nel lavoro educativo e sociale. Collabora all’evento il dipartimento di Scienze umane dell’Università degli studi dell’Aquila. Abbiamo interpellato in argomento Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione e co-fondatrice. La abbiamo raggiunta e intervistata. Queste le sue parole.

“Sono nell’associazione più di 500 famiglie, che intendono mettere in risalto i valori nei quali credevano le vittime, decorate per atti di coraggio. Ambra Minervini è la figlia del giudice Girolamo Minervini, ucciso dalle Brigate rosse (1980), dopo la nomina a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). Di recente, nel processo relativo alla morte Mario Cerciello Rega, accoltellato e ucciso a Roma, in centro, nel 2019, la nostra associazione si è costituita Parte civile. Un atto di violenza, inoltre, mi riguarda da vicino. E’ vivo il ricordo di mio padre Stefano, maresciallo capo dell’Arma dei Carabinieri: nominato comandante della Stazione dei Carabinieri di Locate Triulzi, fu ucciso a Opera, per mano di un ergastolano in permesso premio (1980). Questi era stato condannato e stava scontando la propria pena, presso il carcere di Porto Azzurro. Dopo questo gesto sconsiderato, non è più stato catturato. Al tempo dei fatti, avevo 14 anni; mio fratello appena 5, mia madre 38.” E’ molto rilevante il gesto di porre un’esperienza personale al servizio della comunità. Qual è il vostro intento, nel dialogo con studenti segnati dalla pandemia? “Bisogna educare alla legalità, in modo da fare prevenzione: perché fatti simili a questi non si ripetano più. Così bisogna reagire alle azioni criminose. Oltre a portare la nostra testimonianza diretta di vittime, elemento che ha un valore intrinseco, sensibilizziamo sulle tematiche legate alla giustizia, mettiamo il rilievo la differenza tra bene e male. Agiamo di concerto con la Polizia di stato per parlare di bullismo, cyberbullismo e stalking, con i Carabinieri per parlare di droga e dipendenze, con la Guardia di Finanza per reati economici e criminalità organizzata. Esiste, inoltre, un protocollo con il Ministero della Pubblica Istruzione, al fine di educare alla legalità nelle scuole“.

L’Italia tutta ricorda persone che si sono distinte, dimostrando il proprio senso del dovere: perdendo la vita, oppure diventando diversamente abili, perché ferite. E’ il primo passo per una testimonianza dei valori della Repubblica. L’Associazione vittime del dovere, in particolare, ha un dialogo con l’Abruzzo. Come questo scambio è stato intessuto? “Tutto è incominciato qualche anno fa, quando mi è capitato di raggiungere Sulmona. Un dialogo che è diventato una collaborazione stretta, con alcuni agenti di Polizia penitenziaria: in particolare con l’ispettore Mauro Nardelli. Da questa collaborazione è nata l’idea di dedicare il piazzale antistante il penitenziario di Sulmona alle Vittime del dovere. Lo scorso anno in Abruzzo sono stati premiati i lavori dedicati alle ecomafie”. L’attività di queste persone si rinnova ogni giorno: in favore della memoria e perché non si ripetano gesti di violenza.

Tratto da DayItaliaNews.com

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