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28 MARZO 2023
Corriere della Sera - Il no della Francia all’estradizione dei brigatisti italiani, la rabbia dei parenti delle vittime: «Chi ha ucciso adesso gioisce». Calabresi: «Illusione aspettarsi altro»

Il figlio del commissario ucciso nel ‘72: «Dagli ex terroristi mai una parola di ravvedimento e riparazione». Il figlio di Lando Conti, ucciso nell’86 dalle Br: «Una presa in giro, speriamo che la Meloni si faccia sentire»

Potito Perruggini Ciotta non ci voleva credere, lui monitora sempre i social per seguire quello che scrivono i terroristi italiani ormai liberi, che però non ha mai perdonato. E proprio ieri, a poche ore dalla sentenza di Parigi , si è imbattuto in questo post su Facebook di Enrico Galmozzi: «Quanto mi fa godere la Cassazione francese...». Galmozzi, oggi 71 anni, fondatore delle Brigate combattenti di Prima linea, fu condannato a 27 anni per gli omicidi dell’avvocato Enrico Pedenovi il 29 aprile 1976 a Milano e del brigadiere Giuseppe Ciotta il 12 marzo 1977 a Torino, lo zio di Potito. Che ora è furibondo: «Galmozzi gioisce per la sentenza che ha graziato i suoi compagni oltralpe. Ma i francesi si confermano sleali con noi...».

Pietrostefani tra i «graziati»

Il rifiuto dell’estradizione ha ispirato un tweet amaro al giornalista e scrittore Mario Calabresi, figlio del commissario Luigi Calabresi, ucciso il 17 maggio 1972 a Milano. Tra i beneficiari del provvedimento c’è infatti anche Giorgio Pietrostefani, oggi 79 anni, ex di Lotta continua, condannato in via definitiva a 22 anni di reclusione per l’omicidio del commissario e riparato in Francia dal 2000. «Era un’illusione aspettarsi qualcosa di diverso — ha scritto ieri Mario Calabresi —. E (parere personale) vedere andare in carcere queste persone dopo decenni non ha per noi più senso. Ma c’è un dettaglio fastidioso e ipocrita: la Cassazione scrive che “i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una situazione famigliare stabile e quindi l’estradizione avrebbe provocato un danno sproporzionato al loro diritto a una vita privata e famigliare”. Ma pensate al danno sproporzionato che loro hanno fatto uccidendo dei mariti e padri di famiglia. E questo è ancora più vero perché da parte di nessuno di loro c’è mai stata una parola di ravvedimento, di solidarietà o di riparazione. Chissà…».

Lorenzo Conti: «Una presa in giro»

Lorenzo Conti, figlio di Lando, il sindaco di Firenze ucciso dalle Br il 10 febbraio 1986, è perentorio: «L’Europa non esiste e questa ne è la dimostrazione, perché quando un Paese si rifiuta di estradare delle persone che sono state giudicate da un altro Paese Ue e non le rimanda qui a scontare la pena, vuol dire che non siamo un territorio unificato veramente. È una presa in giro». Anche Ambra Minervini, vicepresidente dell’associazione «Vittime del dovere» e orfana del magistrato Girolamo Minervini, ucciso dalla colonna romana delle Br il 18 marzo 1980, i 10 di Parigi li vorrebbe vedere in carcere ancora oggi, a distanza di più di 40 anni. «Non c’è odio né sete di vendetta in quello che dico — spiega —. È solo una questione di giustizia e di rispetto. Loro sono stati tutti condannati ma, a differenza di altri terroristi, non hanno scontato neppure un giorno. Ci avrei scommesso la mia pensione che sarebbe finita così. Non so che margine di manovra ora abbia il governo Meloni, ma mi farebbe piacere da cittadina se si facesse sentire».

Tratto da Corriere della Sera

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