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27 GENNAIO 2021
SempioneNews.it - Incontro on-line “Legalità e umanità: convivenza possibile?” organizzato da ANC Lainate.

Così com’è il carcere è un fallimento, se 8 su 10 rientrano vuol dire che così il carcere non funziona.

Lainate- Il 26 gennaio si è tenuto un incontro on-line dal titolo “Legalità e umanità: convivenza possibile?”. Evento, organizzato dall’Associazione Nazionale Carabinieri di Lainate col supporto del Lions di Lainate, che inizia dalla domanda: è possibile coniugare equo processo, certezza della pena e speranza di una seconda possibilità nella vita? Per cercare di rispondere a questo interrogativo, ne hanno parlato con Emanuela Piantadosi, Presidente Associazione Vittime del Dovere, e Don David Maria Riboldi, cappellano del Carcere di Busto Arsizio.

All’inizio della diretta presentata dal moderatore Alessandro Muliari, sono intervenuti per i saluti il Maresciallo Capo in congedo e Socio d’Onore dell’ANC di Lainate Gianfranco Muliari che ha ricordato la vicinanza dell’Associazione Nazionale Carabinieri ai cittadini lainatesi, e il Presidente dei Lions di Lainate Aldo Fusar Poli che nel suo breve intervento ha sottolineato “Chi sbaglia merita attenzione, e bisogna aiutarlo a rimettersi in piedi.”

Dopo l’apertura degli organizzatori, il moderatore ha invitato a parlare Emanuela Piantadosi presidente dell’associazione Vittime del Dovere (nella fotografia con Giancarlo Muliari, presidente ANC di Lainate) che dopo i ringraziamenti ha esordito “Il primo compito dell’associazione è quello del ricordo e della memoria delle vittime del dovere. Ma è anche la promozione della cultura della legalità, un obiettivo che sentiamo vicino, vuol dire fare prevenzione e che ci sia una sensibilità che impedisca la prospettiva di avere altre vittime del dovere, quindi altre famiglie che portano il peso, il fardello del dolore.” Rispetto della condizione umana e rispetto delle regole “Portiamo avanti una battaglia di dignità e di considerazione da parte dello Stato.”

Giustizia e carcere “Sono un tema che noi abbiamo affrontato con attenzione e interesse –prosegue Emanuela Piantadosi- partendo dal presupposto che la Costituzione Italiana nell’articolo 27 prevede una pena che tende alla rieducazione del condannato, d’altro canto la nostra associazione con le nostre famiglie quello che chiedono è la certezza della pena, perché purtroppo nel nostro Stato abbiamo visto gli assassini dei nostri famigliari, ottenere degli sconti di pena.” Mancando quell’attenzione necessaria al rispetto delle vittime e dei loro famigliari.

Don David Maria Riboldi inizia con un cenno storico sulle punizioni e sulle carceri “Le prime punizioni non erano le prigioni, che esistevano anche al tempo di San Carlo, ma le prime forme di punizione ammesse dagli Stati, sono quelle corporali.” Le torture e di conseguenza la morte “Corporale e pubblica a monito di tutti, poi diventata una punizione nascosta, per cui dell’anima. Pensate che la ghigliottina nasce come strumento di umanità, perché è una morte veloce e qui è il boia stesso che diventa il vero delinquente agli occhi di chi guarda nella pubblica piazza.”

L’aspetto punitivo oggi è diverso non è più sotto gli occhi di tutti, ma è nascosto “Guardando il carcere la curiosità regna sovrana, cosa mai accadrà lì dentro?” Dalle torture, alla  ghigliottina, alla prigione c’è un crescendo di umanità, continua don David “La pena è cambiata a seconda dei diversi livelli di umanità. Ricordando che il cattivo non è quello che punisce, ma quello che è punito. Ma davvero noi possiamo pensare che la deprivazione affettiva a cui sono costrette le persone in carcere renda queste persone migliori quando usciranno. Questo dobbiamo chiedercelo.”

Don David ha portato esempi concreti di carcerati che non possono contribuire alla vita domestica della propria famiglia, non possono abbracciare i figli, e neanche poter chiamare gli affetti più cari in momenti di sconforto. Oltre la mancanza degli affetti più cari, per don David è la mancanza del lavoro per i carcerati un sintomo fondamentale di recidiva, se ci fosse il lavoro sarebbe un ottimo motivo di reintegrazione nella vita di tutti i giorni “Il lavoro dà sicurezza sociale. Si potrebbe fare di più. Così com’è il carcere è un fallimento, se 8 su 10 rientrano vuol dire che così il carcere non funziona.”

Di contro la presidente Piantadosi ha voluto dire la sua sullo strumento carceri “Il carcere deve limitare la libertà, perché deve essere un deterrente. Perché chi sceglie di delinquere deve pagarne le conseguenze. Il carcere in Italia dà la possibilità di formarsi, e quando il detenuto esce dal carcere è accompagnato per il lavoro, ma la recidiva è altissima. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.” L’associazione altresì porta avanti una battaglia di dignità e di considerazione da parte dello Stato per le vittime del dovere e i suoi famigliari.

In conclusione dell’incontro che si è protratto ben oltre l’ora convenuta, a causa del momento di condivisione dei pareri e delle tante domande e delle risposte che portavano ad altre domande, il presidente del Lions di Lainate Aldo Fusar Poli ha chiesto agli intervenuti di poter organizzare nelle classi 4^ e 5^ delle scuole secondarie di secondo grado incontri formativi come questi, perché: la legalità parte da ognuno di noi.

Andrea Re

Tratto da SempioneNews.it

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