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La stampa e la TV
06 GIUGNO 2017
QuiBrianza - Vittime del dovere: "La vicenda di Totò Riina è un insulto all'intera nazione"

MONZA - Si sta facendo un gran discutere in questi giorni sull'opportunità di concedere a Totò Riina la possibilità di tornare a casa per una morte dignitosa. Forti perplessità da parte di Emanuela Piantadosi, presidente dell'associazione monzese "Vittime del dovere"

L’Associazione vittime del dovere non ha più parole. Profondo lo sdegno del sodalizio monzese che riunisce i familiari dei magistrati e delle forze dell’ordine vittime della criminalità organizzata nell’adempimento del loro dovere che invita la stampa locale e nazionale a farsi portavoce di una raccolta di firme per rappresentare lo sdegno degli italiani e il grido di dolore delle vittime.

Poche settimane fa la rabbia per i passi in avanti del disegno di legge che permetterà ai detenuti secondo il regime del carcere duro del 41-bis di mettersi in contatto con i parenti attraverso skype per “favorire le relazioni familiari direttamente dal carcere”. Oggi l’indignazione di fronte alla richiesta di riduzione della pena o di trasferimento agli arresti domiciliari per il boss Totò Riina 86enne e gravemente malato che non sarebbe più in grado di sopportare fisicamente il regime penitenziario del 41-bis. Da qui la richiesta della Cassazione, che sta dividendo gli italiani, “sulla dignità dell’esistenza che va rispettata anche in carcere – come si legge nel comunicato – Perché mantenere la restrizione di un soggetto, nonostante il decadimento fisico può essere contrario al senso di umanità”.

Il nocciolo della questione e dell’indignazione è proprio questo: garantire (sì o no) la possibilità di morire dignitosamente anche se nella vita ci si è macchiati e si è stati definitivamente condannati per numerosi efferati omicidi tanto da guadagnarsi l’appellativo, come nel caso di Riina,  de “La Belva” per indicare la sua ferocia sanguinaria.

L’associazione Vittime del dovere - presieduta dalla monzese Emanuela Piantadosi che proprio il 15 giugno del 1980 ha perso il padre il maresciallo capo Stefano Piantadosi in servizio a Locate Triulzi ucciso per mano di un pericoloso ergastolano mentre stava svolgendo il suo servizio – in questi anni è sempre salita sulle barricate organizzando l’anno scorso una petizione on line sul portale “Change.org” dal titolo “Basta mafiosi, assassini e terroristi sotto i riflettori: chiediamo rispetto per le vittime e per ogni cittadino onesto”. Ma  oggi, dopo l’ennesimo schiaffo a chi ha perso la vita per mano della mafia e di ogni organizzazione criminale, Piantadosi è molto perplessa.

“Non ci sono più parole per commentare questo ennesimo insulto all’intera Nazione – commenta – Il silenzio a volte vale più di mille parole. A questo punto sarebbe significativo offrire la possibilità a tutte quelle persone oneste e perbene – che sono la stragrande maggioranza degli italiani – di esprimersi su un tema così inquietante, al fine di dar voce all’integrità di fatto e di diritto che costituisce non solo durante le cerimonie di commemorazione”.

Da qui la scelta di passare per una volta il testimone ad altri, agli organi di comunicazione che si facciano portavoce e megafono della loro istanza.  

Barbara Apicella

Tratto da QuiBrianza

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