Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
CONTRASTO ALLE MAFIE
Attività di sensibilizzazione istituzionale finalizzata alla lotta contro la criminalità organizzata

L'Associazione Vittime del Dovere svolge da anni una copiosa attività di approfondimento e sensibilizzazione finalizzata alla conoscenza e allo studio dei fenomeni criminali e al contrasto della criminalità organizzata.
Un impegno quotidiano che si esplica, in contesti istituzionali, parlamentari, pubblici e didattici, attraverso:

  • interventi diretti ad evidenziare criticità legate al sistema normativo, penale o penitenziario, attraverso la redazione di dettagliate e approfondite relazioni indirizzate alle Istituzioni e alla politica;
  • attività di ricerca, analisi e denuncia dei fenomeni mafiosi, attraverso la predisposizione di istanze, emendamenti, interrogazioni parlamentari, disegni di legge;
  • partecipazione ad audizioni parlamentari;
  • organizzazione di convegni, workshop, conferenze stampa e mostre;
  • realizzazione di percorsi didattici a carattere nazionale dedicati agli studenti di scuole di ogni ordine e grado sul tema della memoria e della conoscenza dei fenomeni criminali;
  • informazione dell’opinione pubblica attraverso pubblicazioni, articoli tecnici, comunicati stampa ed organizzazione di eventi dedicati.
15 MARZO 2017
Le “Vittime del dovere” dicono no alla proposta di legge far usare mezzi tecnologici ai mafiosi detenuti con il 41 bis

MONZA - Il Senato ha già dato il benestare il 15 marzo. Ora tocca alla Camera dei Deputati: i detenuti per mafia potrebbero essere facilitati nelle loro comunicazioni con i familiari, anche con l'utilizzo di Skype. Indignazione da parte dell'associazione Vittime del Dovere

Un 41 bis meno restrittivo che permetterà ai detenuti di comunicare, anche attraverso Skype, con i familiari. Salgono sulle barricate i componenti dell’associazione “Vittime del dovere” presieduta dalla monzese Emanuela Piantadosi indignati di fronte a questa proposta di legge che faciliterebbe la comunicazione tra i detenuti sotto il regime del 41 bis con i loro familiari. Così che i classici “pizzini”, invece che attraverso le celle, passerebbero direttamene  attraverso la rete.

Un grido d’allarme e un preciso no quello lanciato dall’associazione che riunisce i familiari di coloro che, compiendo il proprio dovere a servizio dello Stato, sono stati uccisi per mano malavitosa.

Opponendosi fermamente a quel disegno di legge di iniziativa governativa, attualmente in discussione alla camera dei Deputati, e in attesa di essere approvato dopo aver avuto il via libera lo scorso 15 marzo in Senato.

Il passaggio contro il quale l’associazione si oppone è quello  che permetterebbe poi “l’utilizzo dei collegamenti audiovisivi sia a processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diretto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari”.

In altri termine coloro che sono detenuti secondo il regime di alta sicurezza del 41 bis potrebbero comunicare con i familiari direttamente via Skype.

Detenuti particolari quelli di questo circuito, appartenenti alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Tutte le restrizioni previste fino ad oggi avevano  l’obiettivo di impedire contatti e collegamenti con l’associazione criminale di appartenenza che fanno parte appunto della schiera parentale con la quale, se dovesse essere approvata la legge, si creerebbe in contatto diretto attraverso la tecnologia audiovisiva.

In altri termini addio ai “pizzini”, ma via libera ai mafiosi di comunicare direttamente con la famiglia attraverso Skype.

Profonda l’indignazione della presidente Emanuela Piantadosi che ha perso il padre, il maresciallo capo dei carabinieri Stefano Piantadosi, ucciso il 15 giugno 1980 durante un controllo per mano di un feroce omicida.

“Chiediamo rassicurazioni e un intervento immediato del Parlamento affinché siano stabiliti dei limiti alla delega – precisa – così da mantenere intatto il regime del 41 bis escludendo espressamente l’utilizzo dei collegamenti audiovisivi “per favorire le relazioni familiari” anche a coloro che sono sottoposti a regime di alta sicurezza. Inutile piangere le migliaia di vittime di mafia senza intervenire immediatamente per denunciare la graduale demolizione di un sistema di detenzione e di isolamento che fino ad oggi è stato l’unico argine alla proliferazione del tumore mafioso”.

Barbara Apicella

Tratto da QuiBrianza.it

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