Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
CONTRASTO ALLE MAFIE
Attività di sensibilizzazione istituzionale finalizzata alla lotta contro la criminalità organizzata

L'Associazione Vittime del Dovere svolge da anni una copiosa attività di approfondimento e sensibilizzazione finalizzata alla conoscenza e allo studio dei fenomeni criminali e al contrasto della criminalità organizzata.
Un impegno quotidiano che si esplica, in contesti istituzionali, parlamentari, pubblici e didattici, attraverso:

  • interventi diretti ad evidenziare criticità legate al sistema normativo, penale o penitenziario, attraverso la redazione di dettagliate e approfondite relazioni indirizzate alle Istituzioni e alla politica;
  • attività di ricerca, analisi e denuncia dei fenomeni mafiosi, attraverso la predisposizione di istanze, emendamenti, interrogazioni parlamentari, disegni di legge;
  • partecipazione ad audizioni parlamentari;
  • organizzazione di convegni, workshop, conferenze stampa e mostre;
  • realizzazione di percorsi didattici a carattere nazionale dedicati agli studenti di scuole di ogni ordine e grado sul tema della memoria e della conoscenza dei fenomeni criminali;
  • informazione dell’opinione pubblica attraverso pubblicazioni, articoli tecnici, comunicati stampa ed organizzazione di eventi dedicati.
23 MARZO 2017
Il Giorno - L’associazione Vittime del dovere contro le modifiche all’art.41 bis

«Altro che carcere duro per i mafiosi. Ora dai pizzini si passerà a Skype»
L’associazione Vittime del dovere contro le modifiche all’art.41 bis

«IL GOVERNO sta rischiando di legalizzare l’evoluzione tecnologica dei pizzini per i boss mafiosi: presto si passerà a Skype».
Un timore che vuole essere una denuncia. Una proposta di legge che «potrebbe svuotare in modo subdolo e inquietante il 41bis (ovvero il carcere duro) della sua funzione di isolamento e interessare anche il regime di Alta Sicurezza», anticipa l’associazione Vittime del dovere, nata a Monza per dare voce e sostegno ai familiari dei servitori dello Stato che hanno perso la vita (o la salute) sotto i colpi della criminalità comune, organizzata e del terrorismo (a oggi sono iscritte oltre 500 famiglie di tutta Italia).

NEL DISEGNO di legge di iniziativa governativa, attualmente alla Camera dei deputati in attesa di approvazione dopo essere stato licenziato dal Senato il 15 marzo, l’articolo 85 non escluderebbe la possibilità ai detenuti sottoposti al 41bis e a chi è rinchiuso nel circuito dell’Alta Sicurezza di poter usufruire di collegamenti audiovisivi «sia a fini processuali, con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa, sia per favorire le relazioni familiari». Già nel luglio scorso l’Associazione aveva preso posizione contro questa possibilità perché «non si tratta di alleggerire semplicemente una misura di prevenzione, ma di mettere consapevolmente i più sanguinari criminali in condizione di continuare a gestire il territorio direttamente dalle loro celle ‘di massima sicurezza’ consentendo una sorta di paradossale teleworking». Un rischio che sembrava scongiurato. E invece i lavori che prospettano l’utilizzo di strumenti audiovisivi da parte di soggetti condannati per mafia sono proseguiti incessantemente per oltre un anno e ormai «siamo alle battute finali senza che si sia posta debita attenzione alle conseguenze - l’allarme di Emanuela Piantadosi, presidente dell’Associazione -. Politica, istituzioni e opinione pubblica devono capire fino in fondo il pericolo a cui potremmo essere esposti, con i boss che potrebbero dettare i loro ordini comodamente dalle loro celle in modo, paradossalmente, legalizzato.

Alla faccia dei pizzini. Inutile piangere le migliaia di vittime di mafia, senza intervenire immediatamente per denunciare la graduale demolizione di un sistema di detenzione e di isolamento che fino ad oggi è stato l’unico argine alla proliferazione del tumore mafioso». Quindi, «chiediamo rassicurazione e un intervento immediato del Parlamento per mantenere intatto il regime del carcere duro».

Tratto da Il Giorno

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