Chi dona la vita per gli altri resta per sempre
Equiparazione Vittime

Da anni l'Associazione Vittime del Dovere si batte perché la distinzione ingiusta e incoerente tra vittime in ragione del carnefice sia definitivamente abbandonata.
La categoria originaria delle "vittime del dovere" (Regio Decreto Legge 261/1921) è stata prima affiancata (Legge 466/1980) dalla categoria delle "vittime del terrorismo" e delle "vittime della criminalità organizzata" per poi essere sorpassata in termini di tutela (Legge 206/20014) fino a giungere al processo inverso, di progressiva estensione dei particolari benefici riconosciuti alle altre categorie.
In uno Stato di diritto è imprescindibile che i rappresentanti delle Istituzioni, che sacrificano le loro vite e la loro integrità per il bene della collettività, vengano adeguatamente tutelati.
Negli anni si sono succeduti interventi limitati e parziali di equiparazione che hanno causato differenze tra Vittime, creando gruppi e sottogruppi, e difficoltà applicative che, di fatto, rendono difficile l'effettiva fruizione dei benefici riconosciuti.
Con la presentazione dei disegni di legge cerchiamo di porre un ulteriore tassello sul lungo percorso intrapreso dall'Associazione.
Le proposte di legge da noi richieste, presentate e che si sono succedute negli anni hanno lo scopo di definire la completa equiparazione tra Vittime, dopo oltre dieci anni dalla promessa di "progressiva" equiparazione sancita nella Legge 266 del 2005.

11 NOVEMBRE 2019
Vanity Fair - Legge sulle vittime del dovere: perché è ancora ferma in Senato

Gli agenti uccisi in questura a Trieste, i vigili del fuoco morti ad Alessandria. Sono due casi recenti per cui si potrebbe applicare la legge sulle vittime del dovere ferma in Parlamento

Sono morti facendo il loro dovere. È successo la scorsa settimana ai pompieri di Alessandria, appena qualche settimana fa agli agenti della questura di Trieste, ma ci sono casi ogni anno di rappresentati delle istituzioni morti in servizio. Lo erano anche i tre carabinieri e il metronotte uccisi negli anni Settanta da Antonio Cianci, l’ergastolano che, in permesso premio, nel fine settimana, ha ferito alla gola, con un taglierino, un uomo di 79 anni nel corso di una rapina.

Per queste vittime e per le loro famiglie non esiste una legge specifica. Ci sono però proposte in discussione in Parlamento. L’obiettivo di questi diversi disegni è equiparare a queste persone e ai loro familiari le tutele previste per le vittime del terrorismo e della mafia.

Emanuela Piantadosi è la presidente dell’Associazione Vittime del dovere che rappresenta circa 500 famiglie di appartenenti alle forze dell’ordine, alle forze armate e alla magistratura colpiti da criminalità comune, criminalità organizzata e terrorismo. Suo padre, il Maresciallo Capo dei Carabinieri Stefano Piantadosi, Medaglia d’Oro al merito civile, è stato ucciso il 15 giugno 1980 da un detenuto ergastolano in permesso premio evaso dal carcere di Porto Azzurro.

«Nel corso degli ultimi decenni», ha spiegato, «c’è stata una stratificazione legislativa, noi non facciamo differenza fra le tipologie di criminali. La pallottola del criminale non ha un colore. Dal 2004, quando è stata approvata la legge 206 che tutelava in particolare le vittime del terrorismo, ci siamo organizzati per chiedere l’equiparazione fra le varie tipologie di vittime. Molto spesso vittime e familiari del dovere non sono state nemmeno invitate a cerimonie di commemorazione come quelle del terrorismo».

Le tutele sono differenti se il carabiniere o il magistrato è ucciso o ferito da un criminale comune o dalla criminalità organizzata. La prima proposta di legge sul tema, presentata a inizio anno dal senatore GianMarco Corbetta, punta all’estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a quanti, al servizio delle istituzioni abbiano riportato invalidità permanenti o siano morti nel corso delle attività di pubblico soccorso o di contrasto alla criminalità. Si va dalle tutele pensionistiche all’assistenza sanitaria all’inserimento nel mondo del lavoro con il collocamento obbligatorio.

«L’atto di coraggio», aggiunge la presidente, «contraddistingue le vittime del dovere. La loro caratteristica è lo spirito di abnegazione. Mettono da parte la propria vita e i propri interessi per salvare la vita degli altri. È il patrimonio etico della nazione che vogliamo valorizzare. Chi indossa la divisa rappresenta lo stato cioè tutti». I progetti nelle scuole con le forze dell’ordine servono a spiegare e raccontare questo.

«Nel testo c’è anche la proposta di una giornata a ricordo delle vittime del dovere», spiega Emanuela Piantadosi, «Per noi la data migliore sarebbe il 2 giugno, giorno della Festa della Repubblica perché i nostri cari sono morti per lo stato, ma altre proposte indicano il 23 maggio, l’anniversario dell’anniversario della strage di Capaci».

Tratto da Vanity Fair

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