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03 OTTOBRE 2017
Antimafia duemila - Nuove norme del Dap per i detenuti al ''41 bis''

Da qualche tempo sul regime carcerario del 41-bis si è tornati a discutere con insistenza. Della necessità di una “maggiore flessibilità” per garantire “diritti e dignità” ai detenuti nel luglio 2016 era intervenuto il sottosegretario alla giustizia Gennaro Migliore (Pd) dopo una visita al carcere di massima sicurezza de L’Aquila. Detto-fatto, a poco più di un anno di distanza Dap, Dna e garante dei detenuti hanno varato un provvedimento di 52 pagine che regola, in maniera uniforme, la vita dei detenuti al carcere duro stabilendo regole sull’assistenza sanitaria, sull'attività lavorativa, sull'iscrizione ai corsi scolastici, sui colloqui con gli educatori. E ancora le perquisizioni, le visite del garante, gli incontri coi familiari, la ricezione dei pacchi e della corrispondenza, fino al divieto di fumo.
"Il detenuto/internato - si legge nel documento - all'atto del primo ingresso deve essere sottoposto a perquisizione personale e subito dopo ad una prima visita medica generale. Dopo l'espletamento delle formalità di cui sopra e, comunque, entro le 24 ore successive, il detenuto/internato effettua il colloquio di primo ingresso. Gli è consentito tenere con sé soltanto gli oggetti indicati nelle disposizioni che seguono". 
Per la prima volta viene sdoganato il divieto di contatto con i familiari durante i colloqui con figli e nipoti, se minori di 12 anni. Questi potranno avvenire “senza vetro divisorio per tutta la durata, assicurando la presenza del minore nello spazio riservato al detenuto e la contestuale presenza degli altri familiari dall’altra parte del vetro”.
Resta l’obbligo di registrazione video del colloquio e dovrà avvenire “evitando forme di contatto diretto con ogni familiare adulto”, per scongiurare la fuoriuscita all’esterno di notizie e “in ogni caso il predetto posizionamento e la successiva riconsegna del minore ai familiari dovrà avvenire sotto stretto controllo da parte del personale di polizia addetto alla vigilanza”. Oltre a fornire indicazioni sulle attività dei detenuti, sull’abbigliamento, sull’arredamento delle celle e sul materiale fornito ai detenuti tra le questioni affrontate anche la scelta dei compagni di socialità prevedendo tra l'altro "la limitazione degli incontri tra i vertici delle medesime 'famiglie', di gruppi alleati e di gruppi o clan contrapposti". Infine viene anche regolamentata la visione dei canali televisivi: “La visione dei programmi sarà limitata ai principali canali della rete nazionale, vale a dire pacchetto rai (1-2-3-4-5, news, movie, scuola, storia, rai sport 1 e 2, premium, yoyo, gulp), canale 5, rete 4, Italia uno, la sette, cielo, iris e TV 2000, preventivamente sintonizzati ed abilitati da tecnico di fiducia della Direzione".
Aspetto singolare, però, è che il capo del Dap, Santi Consolo, alla Commissione diritti umani ha invitato a “ragionare sulla limitazione del numero di persone da sottoporre al 41 bis” in quanto “non abbiamo più la ricettività bastevole” e “alcuni detenuti sono in lista d’attesa”.

Commenti sulla nuova circolare
“Si tratta di un provvedimento frutto di un’interlocuzione con la Procura antimafia, il Dap e il garante per i detenuti - ha osservato orlando andrea c edsil guardasigilli Andrea Orlando - che dà omogeneità all’applicazione del 41 bis, evitandone ogni forma di arbitrio e di misure impropriamente afflittive. Bisogna, infatti, sempre ricordare che le restrizioni inflitte dal 41 bis non sono una pena aggiuntiva, ma uno strumento teso a isolare i boss, separandoli dal resto dell’organizzazione e riducendone così il potere criminale. Lo Stato è tenuto a rispettare le regole anche quando è chiamato a contrastare i suoi peggiori nemici”.
Immediatamente si sono sollevate le proteste da parte dei familiari vittime di mafia.
“Siamo contrari a una limitazione dei detenuti in regime di 41 bis e siamo perplessi di fronte a certe dichiarazioni da parte di chi vorrebbe ridurne il numero per il fatto che mancano le strutture ricettive. È per caso un invito alla magistratura a non condannare più al 41 bis? Noi non vogliamo che arrivi un messaggio di debolezza dello Stato ai boss: devono scontare le giuste condanne” ha dichiarato Emanuela Piantadosi, presidente dell’associazione “Vittime del dovere” che rappresenta familiari di uomini delle Forze dell’ordine e della magistratura caduti nella lotta alla criminalità e al terrorismo.

Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili è altrettanto critica: “E’più che chiaro che i detenuti al 41 bis sono trattati meglio, ma molto meglio, delle vittime di mafia. Elencare oggi quanti disagi comporti la vita di chi è uscito dalla strage terroristica eversiva di via dei Georgofili è praticamente impossibile. Spesso la vita è un inferno.maggiani chelli giovanna web23 Possiamo dire che certamente delle regole bisogna pur darle, ma tante attenzioni come quelle che il Dap metterà in atto verso i nostri carnefici noi non le abbiamo”. E poi ancora: “Scuola, sanità, lavoro, attività ludica, informazione, apparecchi televisivi, libri. Mancano solo i ‘massaggi tailandesi’ e poi il ‘corredo’ è al completo. Non possiamo pensare che criminali dello spessore dei fratelli Graviano meritino tanto spreco. Una cella dignitosa, il cibo e le cure all’occorrenza, e poi tanto tempo per pensare a tutto il male che hanno fatto è quanto meritano se non collaborano con la giustizia. Il resto temiamo faccia parte di quelle promesse che la politica ha fatto alla mafia, Cosa nostra, nel 1993 per avere voti in cambio di morti”.
"In un modo o nell’altro - conclude la Chelli - il 41 bis si ammorbidisce proprio come voleva la mafia la notte del 27 Maggio 1993 in via dei Georgofili a Firenze. Giornali, libri, TV di ogni genere, il nuovo pacchetto benefici per ingannare lo scorrere delle ore, quel tempo che ai nostri figli hanno levato definitivamente sotto due metri di terra.  Almeno il Ministro  poteva risparmiarci che 'così si evitano cause’. Abbiamo voglia di espatriare e andare in un Paese dove la mafia si combatte, ovvero  non la si premia per essere andata in carcere usando quintali di tritolo".

“Segnali di distensione” erano stati dati anche nel 1993, addirittura con una mancata proroga del 41-bis ad oltre trecento boss detenuti mentre l’Italia veniva messa a ferro e fuoco dalle bombe in continente (Firenze, Milano e Roma). Certo, oggi non siamo di fronte ad un caso simile a quello del 1993, ma a quasi venticinque anni di distanza non si può far finta di dimenticare quanto avvenuto.

Tratto da Antimafia duemila

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