Da anni l'Associazione Vittime del Dovere si batte perché la distinzione ingiusta e incoerente tra vittime in ragione del carnefice sia definitivamente abbandonata.
La categoria originaria delle "vittime del dovere" (Regio Decreto Legge 261/1921) è stata prima affiancata (Legge 466/1980) dalla categoria delle "vittime del terrorismo" e delle "vittime della criminalità organizzata" per poi essere sorpassata in termini di tutela (Legge 206/20014) fino a giungere al processo inverso, di progressiva estensione dei particolari benefici riconosciuti alle altre categorie.
In uno Stato di diritto è imprescindibile che i rappresentanti delle Istituzioni, che sacrificano le loro vite e la loro integrità per il bene della collettività, vengano adeguatamente tutelati.
Negli anni si sono succeduti interventi limitati e parziali di equiparazione che hanno causato differenze tra Vittime, creando gruppi e sottogruppi, e difficoltà applicative che, di fatto, rendono difficile l'effettiva fruizione dei benefici riconosciuti.
Con la presentazione dei disegni di legge cerchiamo di porre un ulteriore tassello sul lungo percorso intrapreso dall'Associazione.
Le proposte di legge da noi richieste, presentate e che si sono succedute negli anni hanno lo scopo di definire la completa equiparazione tra Vittime, dopo oltre dieci anni dalla promessa di "progressiva" equiparazione sancita nella Legge 266 del 2005.
L'associazione Vittime del dovere: «Noi umiliati e i volgari assassini diventano modelli di vita»
ROMA - Famiglie «costantemente umiliate» da parte di «speculatori del dolore» che permettono «a volgari assassini di assurgere al ruolo di protagonisti e modelli di vita». È la denuncia dell'Associazione vittime del dovere - che unisce le famiglie di caduti ed invalidi appartenenti alle forze dell'ordine ed alle forze armate colpiti dai criminali durante lo svolgimento dei propri compiti istituzionali - contro la miniserie «Faccia d'Angelo» dedicata al boss della mala del Brenta Felice Maniero che andrà in onda questa sera su Sky Cinema 1. Nella miniserie, sostiene la presidente Emanuela Piantadosi, Maniero viene definito «abile e ambizioso, in grado di tenere banco sulle pagine di cronaca nera per anni, con colpi efferati, rapine spettacolari e clamorose evasioni». Da tempo, afferma «la tv e il cinema hanno fatto propria una nuova «epica criminale» che gira intorno ai nomi reali della malavita e ripropone le «imprese» di assassini senza scrupoli, legittimando la figura di eroi negativi».
Ma così facendo «le famiglie delle vittime vengono costantemente umiliate» e «quando i familiari, alzando la testa, tentano di proporre riflessioni di carattere etico e storico a chi ha come unico obiettivo l'audience e il «fare cassetta», vengono spesso accusati di nutrire risentimento e quindi relegati al ruolo di scomodi fardelli che ostacolano arte e libertà di espressione». Perché «il rispetto per la memoria delle vittime e la verità storica non sono certamente argomenti d'interesse per i faccendieri che monetizzano il sangue versato dagli innocenti». Il risultato, prosegue Piantadosi, è che «la realtà quotidiana di noi orfani, vedove e genitori di coloro che hanno donato la propria vita per lo Stato non è considerata», senza contare che «se anche un solo ragazzo affascinato da modelli negativi, mette in pratica i crimini proposti da taluni film o mini serie, perchè tollerati dall'indifferenza dell'opinione pubblica, allora significa che la collettività ha fallito».
«Se tali vicende devono essere necessariamente raccontate - conclude Piantadosi - allora è importante farlo nella maniera corretta, resistendo alla tentazione di creare degli eroi, di giustificare azioni disgustose e realizzando un racconto contestualizzato, basandosi sulla realtà dei fatti e sulla cruda psicologia degli assassini. Si deve mostrare ciò che è accaduto realmente e i veri effetti che si sono prodotti nella vita reale delle vittime e degli stessi criminali. Solo così il problema della glorificazione e del rischio di emulazione sarà evitato». (Ansa)
Tratto da Corriere del Veneto
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